un pezzo di storia

I nostri passi

Le origini

Tutto ha avuto inizio quando Ivan Kocjančič sposò Vittoria e dalla natia Dolina si trasferì a Kroglje-Crogole. Il figlio Ivan (nato nel 1897), era un agricoltore molto attivo, tanto da ricevere numerosi premi e riconoscimenti.

Nel frattempo il regime fascista aveva approvato la legge per l’italianizzazione dei cognomi: Ivan Kocjančič di Kroglje, presso Dolina, divenne Giovanni Canziani di Crogole presso San Dorligo della Valle. Faceva parte della commissione comunale dell’agricoltura, era socio della Comunella-Srenja di Dolina-San Dorligo, dove ricoprì per diversi anni la carica di consigliere e rappresentante locale della Coldiretti.

Come accaduto ai genitori, i terreni di proprietà non bastavano a mantenere tutta la famiglia e così andò a lavorare nella fabbrica “Gaslini” di Zaule, dove si distinse per operosità e intelligenza, diventando capo operaio. Continuò a coltivare le sue campagne e con i risparmi ne acquistò altre, mantenendo viva la vocazione agricola della sua famiglia nonostante tutte le difficoltà e le vicissitudini legate alla guerra.

I 6 figli per diverse ragioni non ne prenderanno il testimone e sarà quindi sempre lui a continuare il lavoro nell’azienda agricola insieme (a nonno Ivan,) alla moglie Ana, la nuora Bernarda ed il nipote Vojko.

Le difficoltà

Nel 1962 e ‘63 l’Ente per la Zona Industriale di Trieste espropriò la maggioranza della pianura che da Dolina scende verso Zaule per costruirvi la Zona Industriale e l’oleodotto SIOT.

Fu un duro colpo per Ivan al quale furono espropriate numerose campagne che con duro lavoro e abnegazione aveva provveduto ad acquistare durante la sua vita. Particolarmente traumatico è l’esproprio della vigna detta Kržišče, devastata dalle ruspe solo quindici giorni prima della vendemmia (dovette alienare tutte le mucche, smerciare il vino in osmiza).

Per la delusione vende anche un appezzamento di Crogole, dividendo il ricavato tra i figli. Muore nel 1965 e nelle sue ultime volontà divide i rimanenti terreni di famiglia tra i vari eredi. L’azienda agricola chiude.

Al nipote Vojko – che in seguito ottiene la restituzione del cognome originario Kocjančič – lascia la casa natale con orto e terreno.

La rinascita

Vojko Kocjančič è ragioniere, ha lavorato tutta la vita come impiegato, ma l’orto ed il vigneto sono i suoi hobby preferiti. Dal nonno materno Mirko Komar (anche lui agricoltore) ha ereditato alcune vigne a Domio, dove ha messo a dimora nel 1985 una quarantina di ulivi di cultivar toscane, oltre alla varietà autoctona Belica-Bianchera.

Nel 1995 acquista sotto Prebenico un appezzamento di mezzo ettaro con una cinquantina di vecchie piante di Belica-Bianchera, di cui alcune secolari, ed un vigneto abbandonato. Nello stesso anno si diploma in ragioneria il figlio Rado, che poco tempo dopo abbandona gli studi di Economia all’Università di Trieste, presta il servizio militare e passa sei mesi in California, lavorando in aziende vitivinicole dove impara il mestiere e l’inglese.

Tornato a casa, decide di voler continuare la tradizione di famiglia e fare il contadino, ma non ci sono più abbastanza terreni per ricavarne un reddito adeguato. Per questo motivo lavora presso due cantine nel Collio da Edi Keber e da Castello di Spessa per due anni, apprendendo ancor meglio la pratica enologica.

Quindi segue i corsi specializzati per potersi iscrivere come agricoltore, conseguendo il diploma di assaggiatore di olio.

L’azienda moderna

Nel 1999 Rado Kocjančič inizia a produrre con la propria azienda agricola, prendendo in affitto diverse vigne, rinnovando il vigneto di Domio e, con l’aiuto del padre e del fratello Samo, anche il vigneto di Prebenico, dove completa l’uliveto con ulteriori 80 piante, mentre altre 25 vengono impiantate pure a Crogole.

Nel 2000 prende in affitto dalla Srenja (Comunella) di Dolina 10 ettari di pascolo abbandonato sulla collina Brdo-Montedoro. Con l’aiuto dei famigliari impianta 15.000 nuove viti, distribuite su circa 3,3 ettari, e ben 600 ulivi su altri 2 ettari. Impianta varietà autoctone come Refosco, Malvasia, Vitovska e Moscato.

Vuole fare quello che, nel Breg, nessuno era riuscito a fare nel dopo guerra: puntare alla qualità più alta riuscendo a vivere di un mestiere che nessuno pensava più di poter fare, da queste parti. Sembra una pazzia voler riuscire a vivere del solo lavoro con la natura. L’azienda agricola coltiva oggi 5 ettari di vigneto e 3 ettari di uliveto (mezzo ettaro di vigneto proprio, 4,5 ettari vitati su terreni presi in affitto, un ettaro di uliveto su terreni di proprietà e due ettari di uliveto su terreni presi in affitto, per complessivi 900 ulivi).

La cantina si trova nella ex stalla di Dolga Krona, in cui l’azienda produce annualmente circa 15.000 bottiglie di vino DOC Carso e 2.000 bottiglie (da mezzo litro) di olio extravergine di oliva DOP Tergeste.

Cambio filosofia

Nel 2014 Rado – insieme a un pugno di altre aziende del territorio – approfondisce una sua filosofia produttiva passando dal convenzionale al biologico grazie all’aiuto di un tecnico esterno. Non è solamente un nuovo approccio, è una filosofia di vita che nasce da un problema di salute: la sera, tornando a casa dopo i trattamenti in campagna, sta male.

Oggi lavora esclusivamente con prodotti naturali. Letame di cavallo e sovesci per stimolare la fertilità del terreno. Trattamenti alle viti con zolfo, rame, preparati omeopatici di erbe medicinali, basati su ricerche di fisica quantistica: equiseto, bardana, ortica, accostati a micorrize e alghe.

Prodotti che sono capaci di informare la pianta, dicendole: questi elementi esistono in natura e devi cercarteli da sola. Le nuove tecniche triplicano il lavoro (la resa) rendendo giustizia ad un’idea di preservazione naturale delle piante, eliminando sia in campagna che in cantina interventi invasivi.

I riconoscimenti

Malgrado tutte le difficoltà, la fatica fisica e la burocrazia, Rado non solo riesce a vivere del suo lavoro come si era prefissato, ma riceve anche riconoscimenti importanti vincendo premi internazionali. Oggi è membro della FIVI, la Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti, che difende e promuove chi vinifica le proprie uve.

  • Vitovska 2018: Riconoscimento Vino Slow dalla guida Slow Wine 2021;
  • Vitovska 2018: 4 stelle dalla Guida Vini Buoni d’Italia 2021 del Touring Club Italiano;
  • Vitovska 2018: Corona, il massimo riconoscimento assegnato dalla Guida Vini Buoni d’Italia 2021 del Touring Club Italiano;
  • Malvasia 2018: 3 stelle dalla Guida Vini Buoni d’Italia 2021 del Touring Club Italiano;
  • Dop Tergeste: menzione nella Guida agli Extravergini 2021, Slow Food Editore;
  • Brežanka 2015: 4 stelle dalla Guida Vini Buoni d’Italia 2019 del Touring Club;
  • Vitovska 2016: 4 stelle dalla Guida Vini Buoni d’Italia 2019 del Touring Club.